Giu 192021
 

Seminario
24 giugno 2021
Docente Pier Francesco Cherchi

 

Docente: Pier Francesco Cherchi, DICAAR, Università degli Studi di Cagliari

Ore: 3

 Data: 24 giugno 2021, inizio alle ore 16.00

Il seminario si terrà online.

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Sunto del corso

Il seminario affronta il tema della vulnerabilità, una dimensione che tradizionalmente la disciplina dell’architettura ha volutamente oscurato nell’illusorio tentativo di fissare lo scorrere del tempo e in alcuni casi di invertirne il senso. Nel corso della storia del discorso architettonico, quanto meno nel secolo scorso, il senso stesso dell’architettura è stato costruito nella repressione di una serie di condizioni negative: la svalutazione, la decomposizione, il decadimento, l’instabilità e l’incertezza. D’altro canto la vulnerabilità sperimentata sul campo dal moderno testimonia tutte le contraddizioni della nozione di tempo maturata come esito della concezione deterministica del reale. Su un registro opposto, l’architettura contemporanea è sempre più un riflesso della condizione attuale caratterizzata dalla perdita di certezze e dall’indeterminazione che Max Weber denominava “disincanto del mondo”. La lezione traccia un percorso di riflessione e approfondimento su queste tematiche soffermandosi sull’architettura che esplicitamente lavora sul concetto di tempo operando per manipolarlo.

 

Descrizione estesa

Il seminario affronta il tema della vulnerabilità, una dimensione che tradizionalmente la disciplina dell’architettura ha volutamente oscurato e combattuto nell’illusorio tentativo di fissare lo scorrere del tempo e in alcuni casi di invertirne il senso. Nel corso della storia del discorso architettonico, quanto meno nel secolo scorso, il senso stesso dell’architettura è stato costruito nella repressione di una serie di condizioni negative: la svalutazione, la decomposizione, la decostruzione, l’instabilità e l’incertezza. I temi della temporalità, intesa come flessibilità, mutabilità, e adattabilità, hanno costituito un campo di sperimentazione feconda e dalle grandi potenzialità nel campo del progetto. Peraltro la larga parte della ricerca del Moderno ha esaltato le immagini fisse, di contrasto e opposizione al sentimento del decadimento e della vulnerabilità. Nell’immaginario degli architetti la Ville Savoye, icona della modernità,  è bianca, immacolata, fiera e immutabile, ed è in questo senso figura emblematica. Per contro, in una serie di celebri fotografie di Renè Burri del 1959, la stessa villa si presentava al mondo ferita e deteriorata, con i mattoni scorticati, logorata dal tempo dopo anni di incuria e abbandono. Queste immagini brutalmente evidenziano un’anima nascosta: “la Villa Savoye non è mai stata così toccante come quando l‘intonaco aveva scoperto i suoi mattoni originali “, così Bernard Tshumi sottolineava come nel momento di massimo disfacimento la Villa Savoye restituiva la massima espressività. La ville Savoye è dunque rappresentativa di una parabola del paradigma moderno della incorruttibilità e al tempo stesso manifestazione sensibile della vulnerabilità, testimonianza che mette in discussione la nozione del tempo maturata come esito della concezione deterministica del reale.

Su un registro opposto, l’architettura contemporanea è sempre più un riflesso della condizione presente caratterizzata dalla perdita di certezze e dall’indeterminazione che Max Weber denominava “disincanto del mondo”. Il progetto acquisisce una nuova sensibilità, che non teme di mettersi in relazione alla vulnerabilità, e che ricerca valori nella manifestazione e nella consapevolezza della precarietà. Alcune delle ricerche degli ultimi venti anni,  nei campi della produzione artistica e architettonica, esplorano ed esaltano queste tematiche. Esse non costituiscono una proposta di una via recessiva del progetto, romanticamente nostalgica e trasposta in una dimensione senza tempo. Non sono neppure una riproposizione, come sostiene una certa parte della critica, della rovina come inerte figura adeguata a rappresentare il declino dell’architettura. Piuttosto sono un atto di lucida accettazione della complessità del reale: come Edgar Morin ci spiega, nella “sfida della complessità”, la risposta non è né quella della scienza classica (ordinatrice, riduzionista, semplificatrice, assoluta nella logica deduttiva) ma quella variegata e non determinista dell’approccio sistemico.

Le esperienze che verranno descritte nel seminario testimoniano la legittimità e l’efficacia di una architettura capace di accogliere l’imperfezione, la vulnerabilità, e indicano una modalità corretta di leggere una relazione autentica con la storia, onestamente paritaria, e di proiettare nuovi contenuti nel futuro lavorando esplicitamente sul concetto di tempo operando per manipolarlo.

Il seminario è aperto a tutti i dottorandi di Ingegneria Civile e Architettura.

Contatti

Pier Francesco Cherchi, pfcherchi@unica.it  T.+39 070 6755757

Modalità di iscrizione

Inviare mail al docente.

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